Se consideriamo l’antichità, notiamo che il furto era permesso, ricompensato in tutte le repubbliche della Grecia; Sparta o Lacedemone lo favoriva apertamente. Qualche altro popolo lo considerava una virtù bellica. È certo che alimenta il coraggio, la forza, l’astuzia, insomma tutte le virtù utili ad un regime repubblicano e quindi anche al nostro. A questo punto oso domandare, senza nessuna parzialità, se il furto, il cui effetto è quello di livellare le ricchezze, possa essere un gran male in un regime che ha come fine l’uguaglianza. No, senza dubbio; giacché, se da una parte mantiene l’uguaglianza, dall’altra rende più vigili nella custodia dei propri beni. Esisteva un popolo che puniva non il ladro, ma chi si era lasciato derubare, affinché imparasse a difendere le sue proprietà. Questo ci conduce a riflessioni più ampie. Dio non voglia che io sembri qui combattere o distruggere il giuramento di rispetto della proprietà, appena pronunciato dalla nazione, ma mi sarà permessa qualche osservazione sull’ingiustizia di questo giuramento? Qual è lo spirito di un giuramento pronunciato da tutti gli individui di una nazione? Non è forse quello di mantenere una perfetta uguaglianza tra tutti i cittadini, di sottometterli ugualmente alla legge che protegge le proprietà di tutti? Ora vi chiedo se è davvero giusta la legge che ordina a chi non ha nulla di rispettare chi ha tutto. Quali sono i fondamenti del patto sociale? Non consiste forse nel cedere una parte della nostra libertà e delle nostre proprietà per garantire e mantenere quanto si conserva dell’una e delle altre? Tutte le leggi poggiano su queste basi che sono all’origine delle punizioni inflitte a chi abusa della propria libertà. Esse, inoltre, autorizzano le imposte; il cittadino, infatti, non si lamenta di ciò che gli viene richiesto perché sa che, grazie a ciò che dà, gli viene garantito il possesso di quanto gli resta. Ma, ancora una volta, a quale titolo chi non ha nulla si piegherà ad un patto che protegge solo chi ha tutto? Se fate un atto di equità conservando, attraverso il vostro giuramento, le proprietà del ricco, non fate un’ingiustizia esigendo questo stesso giuramento di «conservatore» da chi non ha nulla? Quale interesse al vostro giuramento può avere costui? E perché mai volete che prometta una cosa favorevole soltanto a chi, per le sue ricchezze, è tanto diverso da lui? Non vi è certamente nulla di più ingiusto: un giuramento deve avere gli stessi effetti su tutti gli individui che lo pronunciano; è impossibile che possa legare chi non ha alcun interesse a mantenerlo, perché in questo caso non sarebbe più il patto di un popolo libero: sarebbe l’arma del forte contro il debole e quest’ultimo dovrebbe ribellarvisi senza tregua. E tutto questo accade proprio nel giuramento di rispetto delle proprietà che la nazione ci ha appena richiesto; è il ricco soltanto a legare il povero, è il ricco soltanto ad avere interesse al giuramento che il povero pronuncia con tanta sconsideratezza, non rendendosi conto che con questo giuramento, estorto alla sua buona fede, si impegna a fare una cosa che gli altri non faranno a lui.

Convinti, come dovete esserlo, di questa assurda ineguaglianza, non aggravate la vostra ingiustizia punendo chi non ha nulla per aver osato rubare qualcosa a chi possiede tutto: il vostro iniquo giuramento gliene dà pieno diritto. Costringendolo allo spergiuro con questo giuramento per lui assurdo, voi legittimate tutti i crimini a cui potrà giungere; non avete dunque il diritto di punire quello di cui siete stati la causa. Non aggiungerò altro per far comprendere quale orribile crudeltà sia punire i ladri. Imitate la legge prudente del popolo di cui ho parlato; punite l’uomo tanto negligente da farsi derubare, ma non pronunciate nessuna forma di condanna contro chi ruba; pensate che il vostro guramento l’autorizza a questa azione e che, commettendola, non ha fatto altro che seguire il primo e più saggio impulso della natura, quello di conservare la propria esistenza, a spese di chiunque.