Machete (rivista)
Ammazziamo il primo maggio festaiolo
Anche quest’anno sbandiereranno i cortei popolari, col ragliare degli asini in calore e lo sbocciare delle rose e il rifiorire di tutti i fiori cafoni della retorica da segretario galante? La profumata brezza del Maggio gonfierà le variopinte sete delle bandiere? Il sole rischiarerà le porpore stinte e farà brillare le dorate lance delle alabarde corporative? Avremo i luccichii d’argento e d’oro e il rosseggiare di serici colori da parata? Avremo le processioni con fanfare, applausi, pigia-pigia, facce estasiate, gole urlanti, sudori, entusiasmi di un’ora? Passeranno per le vie, si addenseranno sulle piazze i coscienti ed evoluti lavoratori dai volti indomenicati, festaioli, rossi di entusiasmo, gocciolanti di sudore, tumidi per gli sforzi vocali? Sfileranno e comizieranno col rosso garofano all’occhiello della giacca più bella?
Se quest’anno avremo un primo maggio da Inno dei Lavoratori e da sfoggio di bandiere inaugurate di fresco posson star tranquilli i pretoriani democratici: non avranno da stringere manette. Avremo gli schiamazzi, le grida, i battimani, i fuochi d’artificio della retorica piazzaiola, le gozzoviglie suburbane, di vino fatturato? A sera saliranno al cielo, incenso plebeo, le flatulenze acide e miasmatiche delle indigestioni ubriache?
Se il 1° Maggio sarà la giornata dei rossi baccanali, la Pasqua dei lavoratori, stucchevole, giorno qualunque festaiolo e quietista, se ci saranno anche questo anno le coreografiche provinciali, i Ferragosti a base di chiavate dietro le siepi, se il proletariato infiorato andrà passeggiando la sua viltà ed incoscienza di libero ed andrà, come lo schiavo, al Saturnale, se questo 1° Maggio sarà quello degli anni trascorsi vorrà dire che il bagno di sangue, che le sterzate di ferro, che le vampate di fuoco non hanno temprato il proletariato italiano e che c’è bisogno di un po’ di piombo e di corda per dargli il senso della terribile realtà in cui viviamo. Il Primo Maggio simbolico appartiene al passato. È morto e sepolto. Il primo Maggio delle fanfare, degli sbandieramenti, delle processioni, degli inni e dei garofani rossi corrispondeva al periodo evangelico del socialismo, era poetico, idilliaco, elegiaco, poteva piacere alla gente che era passata dalla Chiesa alla Camera del Lavoro, ma oggi fa schifo. È un anacronismo, ridicolo e delittuoso: ammazziamolo! Questo Primo Maggio dovrà essere un giorno di affermazione rivoluzionaria, dovrà essere rosso di sangue e di audacia, non di garofani e di bandiere. Se sarà altrimenti sarà una commedia, sarà una fiera, sarà una giornata da cancellare dal Calendario. Il rivoluzionario che la mattina del primo maggio uscirà di casa col garofano rosso all’occhiello pregustando la gioia di passare una bella giornata di vacanza e di baccano all’ombra delle bandiere coreografiche si meriterebbe una palla di revolver dal primo sbirro incontrato per strada. Io rivolgo un invito a tutti i compagni: il Primo Maggio chiedete la parola in tutti i comizi d’Italia per dire alle folle che il Primo Maggio festaiolo è morto e che l’abbiamo impiccato noi con le corde che strinsero la gola ai martiri di Chicago!
Dite questo con la voce più alta e dimostratelo con tutta l’audacia di cui vi sentite capaci.
Io alla dignità di chi lavora, suda, ubbidisce, serve e muore, non ci credo più.
Il Primo Maggio oggi è una festa!
Festa borghese, festa cristiana, festa nazionale ed internazionale.
Ma non fu per regalare un giorno d’ozio e di baldoria di più all’imbecillità umana che un eroico pugno di audaci si fecero appendere alle forche repubblicane.
Non so bene il perché, ma lo sbandieramento e i canti di questo giorno mi danno un certo senso di istintiva ripugnanza come le ghirlande e le lacrime che le donne adultere portano sulle tombe dei loro mariti defunti, nello stupido giorno dei Morti.
Renzo Novatore